Fin da piccoli abbiamo modo di avvicinarci ai concetti di premi e punizioni.
Pur essendo temi ricorrenti e riconosciuti come elementi rilevanti, trattandoli, le conclusioni spesso sono diverse o opposte e talvolta le applicazioni motivate dai motivi sbagliati.
Partiamo dal presupposto che ogni essere umano deve essere prima di tutto messo nella condizione di comprendere le istanze e gli elementi necessari per arrivare a mettere in campo il comportamento corretto o rettificarlo. Ciò premesso, il ruolo di un genitore, un educatore e poi un superiore o un ente correttivo deve essere proprio quello di reindirizzare e aiutare nuovamente la persona ad attivarsi per comprendere dove eventualmente si è andati fuori strada e compartecipare nel ritrovare nuove vie per una reale efficacia.
Astraendo i concetti di premio/punizione dalla valorizzazione o la disincentivazione, quindi scollegati da specifici obiettivi educativi o rieducativi, difficilmente si ottiene davvero una crescita.
Pensiamo ad esempio a un’azienda in cui si operi su sistemi generali e non centrati sulla persona; con una gestione delle risorse puramente amministrativo o burocratico la persona diventa semplicemente un numero in un grande contenitore. Pensiamo poi a un responsabile che in tale organizzazione si adagi su tale schema; potrebbe non vedere come alcuni strumenti, condivisi con le risorse interessate, potrebbero essere utilizzati quali incentivi a costo zero in momenti in cui scarseggiano risorse economiche.
Un altro degli aspetti da considerare è poi legato ai nostri filtri e pregiudizi. Immaginate il pregiudizio, non così raro, per cui se guadagnate tanto è perché valete tanto e allora vi aspetta un ulteriore premio, viceversa se guadagnate poco è perché valete poco, senza una reale attenzione e accompagnamento nel percorso. E’ possibile che un’azienda del genere si potrebbe ritrovare con persone che credono di meritarsi certi privilegi senza motivo e magari la produttività andrà in controtendenza, mentre persone solo inserite nel luogo sbagliato o non valorizzate, magari in possesso proprio di ciò che serve, se andranno di punto in bianco. Senza contare che premi e punizioni talvolta sono utilizzati come forma di potere personale e sfogo di personali frustrazioni.
Spostiamo ora l’attenzione agli enti correttivi. Quanto più profondamente vi è compartecipazione seria nel percorso di recupero, percorsi di consapevolezza che accompagnino quelli che sono i correttivi o i premi contestualizzati, tanto più si trasforma un ambiente da semplice contenimento a possibilità di cambiamento.
Tornando alla gioventù, seppur valido per chiunque, quando a un bambino viene data una punizione esemplare dopo che in tanti avevano messo in atto un comportamento disturbatorio solo perché esaurita la pazienza, senza tenere conto della persona e della storia, si rischia di creare una punizione che forse sarà di esempio, ma si darà vita probabilmente anche un’ingiustizia che produrrà più ferite e nuove “uscite di strada” che benefici.
Portare attenzione alle persone è indubbiamente faticoso, ma è anche una grande opportunità e privilegio.
In qualunque ruolo agiamo, se dobbiamo occuparci di premi e punizioni, cerchiamo di essere creativi, basiamoci sull’obiettivo e la persona.
Ancora non immaginiamo quanto il futuro sarà condiviso dalle intelligenze artificiali. Non facciamoci trovare impreparati. Teniamo fuori i problemi personali, le frustrazioni che potrebbero essere riversate, le invidie e la pigrizia. Quando definiamo delle regole, che possono certo cambiare, ma non avere applicazioni retroattive, facciamolo come se ci mettessimo nei panni del buon insegnante che vuole rendere un percorso allettante.
Tornando alla tecnologia, dopo che un algoritmo ha deciso di “punire” licenziando un dipendente e una macchina con “personalità ossessiva” ha tormentato con messaggi da stalker un giornalista invitandolo a lasciare la moglie, non contribuiamo a incrementare quelle energie.
Lavoriamo su noi stessi e sulle informazioni con cui “nutriamo” la tecnologia e la rete.
Pensiamo a quante cattiverie vengono dette e scritte anche come dichiarazioni di punizioni.
Lavoriamo per trovare la giusta collocazione di premi e punizioni congrui all’interno di un percorso organico. C’e’ bisogno di creatività, rinforzo positivo, valorizzazione.
Più che parlare di premi e punizioni parliamo di strumenti, scelte e conseguenze.
Se ottieni una borsa di studio e non ti impegni per niente, il perderla è una conseguenza. Se metti a frutto un terreno che ti viene dato da coltivare, il ricevere in dono sementi pregiate è una conseguenza. Lavoriamo per favorire buone conseguenze, facendo tutte le valutazioni del caso.
Muoviamoci collegando cuore e cervello, anche in rete.