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Bullismo: “Can che abbaia…o morde” - Sogna il mondo che vuoi ®

21 Dicembre 2022da MARINA0

E’ capitato anche a voi almeno una volta nella vita di finire nel mirino del bullismo?

Magari quella volta in cui vi hanno deriso in pubblico per una vostra presunta diversità (che poi siamo ciascuno diverso a modo proprio) come fosse corretto vergognarsene, per un vostro diverso modo di pensare o estrazione culturale o religiosa, per il modo di vestire, per un aspetto del vostro fisico, per l’appartenenza a una diversa comunità…

Quella volta in cui vi hanno minacciato, non importa se con un’arma vera o improvvisata o solo a parole, per ottenere qualcosa da voi, fosse un oggetto, un’azione, la presunta dimostrazione della loro forza o anche solo la vostra attenzione.

Quella volta in cui vi siete feriti per scappare dalla situazione o vi siete fatti male perché non siete riusciti a prevenire o arginare certi comportamenti.

Quella volta in cui il male più forte l’avete sentito dentro perché “gli altri” sono stati in silenzio, a guardare, magari a sorridere per paura. Quella volta in cui vi siete sentiti traditi persino dal silenzio di coloro su cui eravate certi di poter contare.

Quella volta in cui avete dubitato di voi stessi perché chiedendo aiuto vi hanno fatto sentire stupidi e sbagliati, ridicolizzati per il fatto di esservi trovati in quella situazione e in più per aver chiesto aiuto.

Quella volta in cui vi hanno escluso, isolato e siete stati vittime di pettegolezzi e calunnie.

Fin dalle epoche antiche si sono verificati comportamenti di prepotenza e atteggiamenti da bulli nelle varie fasi iniziali della vita e che hanno portato i giovani protagonisti a divenire spesso adulti che usano le medesime strategie per farsi strada.

Tra i soggetti che hanno subito tali angherie ci sono stati quelli che hanno scelto il metodo del non fare nulla per non peggiorare la situazione con il rischio crescendo di sviluppare una modalità comportamentale che rasenta il masochismo o il vittimismo. Altri, al contrario, hanno reagito con una prepotenza pari o superiore a quella subita compromettendo comunque il carattere della personalità emergente, oltre alle conseguenze potenziali di violenze e aggressioni fisiche non indifferenti.

Nel mezzo c’e’ tutta una gamma di vari atteggiamenti, anche alternati.

Al giorno d’oggi, agli atteggiamenti e comportamenti da prepotenti di altre epoche si aggiungono anche nuove forme legate agli strumenti tecnologici. Ecco, quindi, che sono nate schiere di “cyber bulli”.

Si va dai semplici “leoni da tastiera” che aggrediscono a parole, ma di persona non sarebbero certamente capaci di trovare alcuna sostenibilità, a quelli che violano la privacy, diffondono comunicazioni e immagini (vere o ricostruite ad arte), screditano e aggrediscono virtualmente, ma con effetti altrettanto micidiali delle aggressioni fisiche, tanto da sfociare in alcuni casi in “omicidi per delega” ovvero in suicidi.

Senza andare agli estremi, lo sviluppo esponenziale dell’accesso ai nuovi canali comunicativi non è andato di pari passo con l’educazione della persona all’utilizzo degli stessi e a lavori di consapevolezza di sé.

E’ capitato anche a voi di usare dei social e osservare un mare di violenza gratuita?

Ci sono persone più forti, più consapevoli o semplicemente più fortunate o con un diverso karma, ma ci sono anche persone più sensibili, più fragili e sole.

L’ultimo caso che mi ha impressionato per la potenza negativa dell’uso inconsapevole della comunicazione attraverso i social è stato semplice quanto esemplare.

Immaginate un gruppo (non importa se famigliare, scolastico, lavorativo o cittadino) in cui ci si iscrive per scambi di reciproca informazione/comunicazione/aiuto. Ora pensate di essere voi uno di quegli iscritti e che per una serie di circostanze abbiate bisogno di aiuto e non possiate rivolgervi ai vostri amici/parenti. Scrivete sul gruppo se qualcuno può aiutarvi e cosa succede? Certamente c’e’ chi vi risponde, probabilmente in privato (come succede quasi sempre quando si fa del bene) per accogliere la vostra richiesta, ma sorpresa: da molti venite ricoperti di insulti per aver semplicemente chiesto aiuto! Purtroppo, è successo veramente.

Anche a voi è capitato almeno una volta nella vita di essere in difficoltà per motivi di salute, questioni famigliari o economiche, per forze di causa maggiore o eventi metereologici e invece di ricevere aiuto siete stati sorpresi da qualcuno che ha cercato di affossarvi ancora di più?

Certamente la miseria economica e culturale contribuisce a episodi di bullismo e sopraffazione, ma se ne trovano inaspettatamente anche tra le frange dei “più fortunati”.

Cosa c’e’ dietro a tutto questo? Cosa si può fare?

Come non c’e’ una bacchetta magica per sconfiggere la povertà non c’e’ nemmeno per sconfiggere il bullismo, ma ci si può attivare per ciò che è in nostro potere fare.

Una delle caratteristiche principali dei cani è la lealtà e spesso se ringhiano senza motivo e attaccano è per ciò che hanno subito o perché sono stati “educati” così.

In alcuni casi, infatti, il bullismo viene messo in atto per difficoltà emotive, come per contrastare vergogna o ansia o come comportamento appreso nell’essere stati a propria volta vittime in qualche modo.

Altri cause possibili sembrano essere legate alla cultura dell’odio e ostilità verso la diversità che porta a   interpretare le azioni degli altri in maniera ostile oltre che alla difficoltà nell’affrontare i problemi.

Talvolta invece si tratta proprio di soggetti con personalità forti, ma che esprimono nel modo sbagliato tale caratteristica e una volta adulti facilmente agiranno in modo autoritario mossi da bisogni di controllo e dominio.

Quanto alla vittima di bullismo, sebbene vi siano soggetti che possono rischiare di più magari perché appaiono più fragili e deboli, fisicamente o psicologicamente, o per una caratteristica fisica o altro, in realtà potrebbe essere chiunque.

Una storia di bullismo non affrontata o non superata può creare problemi dell’umore, tendenza a isolarsi, calo dell’autostima, disturbi del sonno o alimentari e altri sintomi.

Il problema va guardato con un approccio più ampio perché cause e conseguenze si trovano nella società che tutta è quindi coinvolta. Per fortuna ci sono psicologi, legali, associazioni e vari professionisti che possono fornire strategie e aiuti concreti, ma non basta. Ciascuno deve fare la propria parte.

Che ti senta un “cane grande” o un “cucciolo”, consentimi la metafora, sei comunque parte del “branco”.

Ci saranno altri che non saranno in grado di darti risposte diverse dalle tue, ma non arrenderti, continua a cercare perché esistono diverse strutture e specialisti oltre che persone care che potrebbero aiutarti.

Nel frattempo, “cane grande” o “cucciolo” chiediti cosa puoi fare tu per aumentare le tue risorse interiori, e non, per rispondere ai bisogni profondi che sono coinvolti in quella situazione.

Forse aggredisci perché non ti senti ascoltato? Da chi? Non trovi il modo di affermarti? Chi potrebbe aiutarti? Forse ti attaccano perché non ti comprendono ed hanno paura di questo? Come puoi aiutarli a farti capire? Forse ti attaccano, sebbene comunque a torto, per qualcosa su cui sai di dover lavorare?

Se il tuo agire non ti sta portando dove avresti voluto chiedi aiuto, non lasciare crescere il disagio nell’isolamento.

A tutto il branco: cerchiamo di capire perché quel “cane grande” sta attaccando, coltiviamo la cultura dell’amore e dell’inclusione invece dell’odio, investiamo in cultura e consapevolezza, facciamo attenzione alle parole che usiamo. Anche una parola detta o non detta può salvare o migliorare una vita.

Lavoriamo con consapevolezza sulle ferite nascoste della società.

Un abbraccio.

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MARINA

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a cura di Marina Pillon