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Sessualità, genitorialità, possesso - Sogna il mondo che vuoi ®

29 Gennaio 2016da MARINA

Ho letto che nelle lontane terre orientali in prossimità della Cina vive un piccolo gruppo di persone che, all’epoca di Marco Polo così come alla nostra epoca, ha un ritmo di vita ed usanze molto esclusive.
L’aspetto che particolarmente colpisce è la visione applicata di un’evoluta libertà sessuale che appartiene a tutte le persone.
Certo anche qui vi sono delle regole e delle usanze e per esempio prima dell’alba l’”ospite” deve lasciare la casa visitata e a ciascun uomo spetta la responsabilità paterna dei figli della sorella, ma le dinamiche relazionali sono caratterizzate da grande autonomia.
Per la maggior parte delle culture, che imperino i dogmi di una certa religione o un’altra, che le leggi
prevedano la monogamia o la poligamia, che la cultura abbia delle influenze di un tipo piuttosto che un altro, di fatto si arriva sempre a parlare di matrimonio, cercando di regolamentare sempre più legalmente aspetti di vita relazionali, spesso portando in realtà a sbandierare l’unicità e la normalità unica di certe forme, nei fatti poi vivendo al di fuori di ciò che si professa come “regola morale”.
Tra i Mosuo (così si chiama la popolazione di cui ho letto), almeno all’apparenza non vi sono incoerenze tra ciò che si dichiara e ciò che si sente, tra il desiderio, l’amore e le necessità/bisogni di sopravvivenza.
Uomini e donne vivono gli incontri sessuali con l’”altro” in completa autonomia e non come forma di prostituzione o scambio di qualche tipo o induzione da parte di qualcuno. Può capitare anche che nella stessa sera possano esserci più “incontri” o “visite” per usare un termine che sembra avvicinarsi al loro linguaggio rappresentato dal senso di “camminare insieme”.
Nei giorni scorsi parlavo con una persona sull’omofobia, sull’adozione, non fattibile in Italia, per una persona single, sul concetto di matrimonio.
Certamente io ho fatto una scelta precisa sul tema e quindi ciò che scrivo è influenzato da ciò che credo (non lasciatevi ingannare però, tutti siamo influenzati ed influenziamo gli altri), tuttavia in un ottica di benessere, per me tanto importante, vorrei che queste righe potessero servire ad aprire le menti a nuove opportunità o a nuovi modi di vivere le proprie realtà.
Lasciando stare la confusione che a volte permane malgrado siamo nel 2016 tra ciò che identifica le diverse parole Amore, Sesso, Infatuazione, Innamoramento, Eros, Colpo di fulmine, etc..su due punti tanto usati come “bandiere” in questi giorni voglio proprio soffermarmi.
Prima di tutto parto da una dichiarazione che e’ più o meno “i figli non sono un diritto”.
Assolutamente d’accordo che i figli non dovrebbero essere un diritto, ma sfortunatamente i destinatari di quel messaggio (esclusivamente la frase “i figli non sono un dirittto”) sono proprio coloro che mai lo ascolterebbero.
Abbiamo prima di tutto una vasta schiera di madri “chioccia”, ma anche padri, che per il solo fatto di averli mesi al mondo o adottati reputano i figli un loro diritto implicito e rovinano loro la vita considerandoli e trattandoli come se fossero loro estensioni o loro possedimenti.
Succede in particolare tra tanti genitori che si separano e iniziano (o continuano) a sprecare la loro vita continuando a farsi la guerra e distruggendo anche i figli, ma succede anche tra le tante famiglie”normali”, magari prese a “bell’esempio” di famiglia. Uomini e donne che usano i figli come pedine per i loro giochi, come “merce di scambio”, come strumenti per garantirsi il mantenimento o un presunto potere.

Abbiamo poi “Enti” che per aspetti economici, per la propria “sopravvivenza”, per forme varie di
“controllo”, bruciano totalmente il diritto di “figli” ormai orfani al diritto di essere adottati da qualcuno in grado di offrire cure, benessere e amore.
I figli non sono un diritto, giusto, quindi? Come è possibile  che una famiglia “normale” può mettere al mondo dei figli o adottarli e commettere crimini nei loro confronti? Come è possibile che le cure e l’amore che potrebbero offrire persone che dimostrino di essere autonome, indipendenti, responsabili e capaci del senso di genitorialità  è considerato qualcosa di sbagliato?
Quante persone hanno davvero vissuto pienamente la propria sessualità, ascoltando cosa comunicano il proprio corpo, le proprie emozioni, la propria anima? Quante persone hanno davvero sviluppato la propria personalità e il proprio equilibrio, la propria capacità di essere individuo autonomo e indipendente prima di affrontare una relazione matura? Quanti si sentono di aver fatto sufficienti errori per comprendere cosa vogliono, chi sono, cosa provano, cosa li fa sentire bene, quali qualità hanno e quali risorse devono sviluppare per viversi pienamente e vivere al meglio una relazione amorosa?
Quante persone si sono sposati e hanno avuto dei figli per “influenza” della cultura, perché ci si sono
trovati, ma ancora troppo immaturi? E se i figli non sono un diritto, nemmeno aspettarsi che qualcun altro si occupi di renderci felici per il fatto di essersi sposati lo è, nemmeno dare per scontato che ci si può comportare male continuamente ed essere perdonati a prescindere in quanto di “famiglia” (padre, madre, fratelli, figli, zii, etc..).
Il matrimonio civile e’ semplicemente un contratto fatto di articoli precisi e quelli sono una questione legale (peccato che spesso chi si sposa non ascolta né legge nemmeno cosa firma). Non c’è un contratto per mettere al mondo dei figli se non per le adozioni.
Tuttavia si dà spesso per scontato che famiglia equivalga a implicita acquisizione di diritti sugli altri,
implicita possibilità di dominio (passivo o attivo che sia). Quanti si sono ritrovati a dire frasi del tipo: “non posso devo farlo perché mia moglie/mio marito vuole così”, “Tu non puoi capire se hai una famiglia non hai il diritto di fare ciò che senti”? Quanti hanno preso decisioni che hanno chiuso rapporti di amicizia, rinunciato a propri talenti, a propri desideri, con la scusa (o forse l’alibi?) “quando metti su famiglia devi crescere e rinunciare a te stesso”?
Certo non per tutti è così per fortuna, ma il senso dell’implicito “dovere di scambio” è parte di una cultura, aihmè , decisamente estesa e nascosta dietro un senso di falsa moralità.
Esiste però qualcosa di molto più importante e raro che non attiene alla “famiglia”, al “matrimonio”,
all’essere “figli”, all’essere “genitori”, all’essere “normali”, esiste l’individuo nella sua perfetta imperfezione con la volontà di conoscersi, nei suoi punti di luce e nei suoi punti d’ombra, esiste l’individuo che vuole crescere, espandersi, esprimersi nelle sue capacità, diventare perfettamente se stesso e continuare ad evolvere. Esiste l’individuo maturo che nel viaggio di crescita, consapevole che si può sbagliare, ma attento a essere centrato e a relazionarsi con l’altro in modo indipendente, maturo, rispettoso dell’altro, cerca di apprendere a lasciare fluire l’amore. Esiste l’essere umano che, non partendo da bisogni, aspettative, insicurezze, può incontrare l’”altro” e insieme “visitare” nuovi luoghi che nascono proprio da quegli incontri. Esiste l’essere umano, uomo o donna, con qualunque coloro di pelle, con qualunque linguaggio, con qualunque pensiero/credo/tendenza, con qualunque gusto sessuale, solo o insieme a un partner,capace di genitorialità.
Esiste la possibilità di vivere in modo non stereotipato, secondo i canoni altrui, ma in armonia con la propria anima.
Per farlo, al di là delle leggi che possono offrire certamente tutela, occorre tanto lavoro su se stessi, correre il rischio di vedersi allontanare da chi ha paura di tanta autonomia e la disponibilità ad accettare cosa si trova nella ricerca del Sé.
Luce e Amore

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MARINA

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a cura di Marina Pillon